Il mare sognato da lontano. La mia quarantena al Nord.

Il mare sognato da lontano. La mia quarantena al Nord.

QUESTO ARTICOLO E’ SCRITTO DA UNA MIA CARA AMICA…

…Fabiola Giancane  che,  come tanti italiani,  si spostano dalle proprie case e dai propri affetti per lavorare fuori regione. Uomini e donne che, in  questo particolare momento di esposizione al  COVID19,  non possono rientrare e sono costretti a casa. Uno spunto di riflessione per tutti.

Le ho chiesto di scrivere due righe per il BLOG, per far capire cosa significa per noi salentini la nostra Terra. Buona lettura e come sempre… Andrà tutto bene.

Claudia

Non si ha idea di cosa voglia dire essere privati della libertà di muoversi fino a quando un evento eccezionale non ci costringe a fare questa esperienza.

Le giornate scorrono senza più punti di riferimento tanto da dimenticare le date e confondere i giorni, ma in tutta questa confusione occorre trovare una parvenza di normalità;  allora per chi è lontano da casa a 1000 km di distanza non resta che chiudere gli occhi e affidarsi all’evocazione di luoghi familiari, cari e per questo curativi.

Quando non ne posso più di questa solitudine forzata, penso al mio mare, alle acque cristalline di questo periodo dell’anno, l’olfatto percepisce l’odore della salsedine e l’immedesimazione è completa, ora sono su una delle mie spiagge preferite a Porto Cesareo ci sono solo sparuti gruppetti di bagnanti, la stagione estiva non è ancora iniziata.

Un bimbo si avvicina alla battigia, mette il piedino nudo in acqua e corre via perché quell’acqua è ancora troppo fredda, una coppia passeggia chiacchierando animatamente e scoppiando in argentine risate. Inizia a fare caldo e l’acqua ora è più invitante che mai, che benedizione sono questi colori, gli azzurri di questo posto non hanno rivali, un isolotto in lontananza invita il natante a raggiungerlo e a fermarsi lì qualche ora come un profugo dopo uno scampato pericolo.

Ora i bagnanti sono raddoppiati di numero, è arrivata l’ora di pranzo e qualcuno tira fuori da una sacca dei panini o della frutta, c’è qualcosa di familiare in quei gesti dettati dall’abitudine. Stesa sul mio telo da mare aspetto il calar del sole, tramonti senza eguali mozzano il fiato e anche se sai che tutto questo è solo un sogno dal quale presto ti desterai, riesci persino a sentire il calore sulla pelle e a sentirti bene.

La devozione a Itaca, il rientro alla terra d’origine è una cosa seria e io anelo a toccare quelle sponde “ove il mio corpo pargoletto giacque”.